Molecole di emozioni by Candace B. Pert

Molecole di emozioni by Candace B. Pert

autore:Candace B. Pert [Pert, Candace B.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Tea
pubblicato: 2018-06-23T16:00:00+00:00


9

La rete psicosomatica:

fine della lezione

Di solito è a questo punto della conferenza, quando ho insistito molto sull’aspetto scientifico e so di dover presentare ancora altri argomenti impegnativi, che cerco di alleggerire un po’ l’atmosfera, presentando una diapositiva destinata a divertire il pubblico. Un’immagine adatta a questo scopo è la lastra di una risonanza magnetica del cervello umano, tutta a colori vivaci: una gioia per gli occhi, bella quasi quanto il disegno ad arcobaleno della farfalla che apparve a Miles e a me quando cominciammo a usare la tecnica dell’autoradiografia sulle sezioni di cervello animale. Ma questo non è un cervello qualsiasi, spiego agli ascoltatori, spiando la loro reazione quando annuncio che il cervello che stanno guardando è il mio. Dopodiché passo a spiegare che un giorno saremo in grado di indicare, in base alla varietà e densità dei recettori presenti in certe aree, che genere di vita ho condotto, di quali sostanze ho abusato e, in generale, che effetto hanno sul mio cervello i meccanismi biochimici dell’emozione.

Dopo questa battuta per alleggerire l’atmosfera, passo a una diapositiva che introduce l’argomento della prossima sezione della conferenza: riproduce un editoriale che apparve sulla rivista Nature per commentare la scoperta sconvolgente, compiuta da Blalock nel 1982, che le cellule del nostro sistema immunitario producono peptidi, e soprattutto endorfine. L’idea che nel sistema immunitario ci fossero dei peptidi cerebrali era così inquietante per gli immunologi che da principio nessuno prestò fede alla ricerca di Blalock, replicando la reazione di incredulità che aveva accolto la scoperta di Jesse Roth sulla presenza di insulina nel cervello. L’establishment scientifico restava saldamente ancorato alla separazione fra corpo e cervello. Alla fine, tuttavia, Nature pubblicò un editoriale in cui ammetteva a malincuore la validità della ricerca di Blalock, pur mettendone in dubbio le ripercussioni. Nature, come ho già accennato, ammoniva la comunità scientifica a guardarsi da quegli «psicoimmunologi radicali» che osavano avvalersi del lavoro di Blalock per avanzare l’ipotesi che il corpo e la mente fossero in comunicazione fra loro, anzi, che il corpo fosse lo specchio della mente. E fu proprio questa la via che decisi di percorrere nella ricerca che intrapresi subito dopo, sempre nell’ambito del National Institutes of Health. Come ho già avuto modo di dire, i miei colleghi e io avevamo adottato con entusiasmo la definizione di psicoimmunologi radicali.



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